Presentata l’Enciclica “Caritas in Veritate” nella conferenza stampa del 7 luglio,
alla quale sono intervenuti: l’Em.mo Card. Renato Raffaele Martino, Presidente del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace; l’Em.mo Card. Paul Josef Cordes, Presidente del Pontificio Consiglio “Cor Unum”; S.E. Mons. Giampaolo Crepaldi, Arcivescovo-Vescovo eletto di Trieste, finora Segretario del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace; il Prof. Stefano Zamagni, Professore ordinario di Economia Politica all’Università di Bologna, Consultore del Pontificio Consiglio della Giustizia e della Pace.
GUIDA ALL’ENCICLICA
La Carità è la via maestra della Dottrina sociale della Chiesa e va compresa alla luce della Verità rappresentata dall’annuncio cristiano: è questo il pensiero-guida presente nell’ Introduzione della nuova enciclica presentata oggi in Vaticano, sul quale Papa Benedetto XVI ha scelto di costruire il titolo, “Caritas in Veritate”. L’attuale Enciclica si pone sulla scia della “Populorum Progressio” di Paolo VI, che viene definita «la Rerum Novarum dell’epoca contemporanea».
La Chiesa, si dice ancora nell’introduzione, pur non avendo soluzioni tecniche per i problemi, intende sottolineare però che il vero progresso deve coniugare sviluppo tecnico e potenziale di amore, per vincere il male con il bene.
Il primo capitolo, intitolato «Il messaggio della Populorum Progressio» (paragrafi 10-20), sottolinea come già Paolo VI nell’enciclica del 1967 abbia evidenziato che lo sviluppo è vocazione perché nasce da un appello trascendente e che lo sviluppo umano integrale suppone la libertà responsabile della persona e dei popoli. Il sottosviluppo nasce dalla mancanza di fraternità e la società globalizzata ci rende più vicini ma non ci rende fratelli.
Il secondo capitolo, intitolato «Lo sviluppo umano nel nostro tempo» , si apre notando che Paolo VI aveva una visione articolata dello sviluppo, termine con cui intendeva l’obiettivo di far uscire i popoli da fame, miseria, malattie endemiche, analfabetismo. A tanti anni di distanza vediamo l’emergere di problemi nuovi quali: globalizzazione, un’attività finanziaria mal utilizzata e per lo più speculativa, forti flussi migratori, sfruttamento sregolato delle risorse della terra. Cresce la ricchezza mondiale in termini assoluti ma aumentano le disparità; gli aiuti internazionali sono spesso distolti dalle loro finalità; sono presenti corruzione ed illegalità; c’è un utilizzo troppo rigido del diritto di proprietà intellettuale specie nel campo sanitario. Così rimangono vaste sacche di povertà e nazioni dove i diritti non sono rispettati.
Nel terzo capitolo, intitolato «Fraternità, sviluppo economico e società civile» si ribadisce che rimangono importanti la giustizia distributiva e quella sociale come criteri regolativi dell’economia. Servono leggi giuste, forme di ridistribuzione guidate dalla politica, opere fondate sullo spirito del “dono”. Tra l’altro si nota che oggi cresce una classe cosmopolita di manager che si fissa da sé i compensi e risponde solo agli azionisti mentre investire e produrre hanno sempre un significato morale.
Il quarto capitolo, intitolato «Sviluppo dei popoli, diritti e doveri, ambiente» rileva che non si possono svincolare i diritti individuali da una visione complessiva di diritti e doveri. Ad esempio nel campo demografico, la Chiesa ribadisce che la crescita demografica non è la causa prima del sottosviluppo e l’apertura alla vita è una ricchezza sociale. Si parla quindi di finanza etica, di tutela dell’ambiente, di uso responsabile delle risorse energetiche, di diritto alla vita e alla morte naturale.
Il quinto capitolo, intitolato «La collaborazione della famiglia umana» ribadisce che lo sviluppo dei popoli dipende dal riconoscimento di essere una sola famiglia. Si parla di libertà religiosa, dialogo tra credenti e non credenti, ruolo della cooperazione internazionale per lo sviluppo.
Il sesto capitolo, intitolato «Lo sviluppo dei popoli e la tecnica» nota come la tecnica possa prendere il sopravvento quando efficienza ed utilità diventano unico criterio della verità. Il Papa parla qui della “questione antropologica”, citando la manipolazione della vita, l’aborto, la pianificazione eugenetica delle nascite, l’eutanasia, tutte pratiche che alimentano una concezione materiale e meccanicistica della vita umana.
Nella conclusione si ribadisce che la disponibilità verso Dio apre alla disponibilità verso i fratelli. L’umanesimo che esclude Dio è disumano.
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